10/04/2020. Da Apelle (1923) a Ribot (1952): i dipinti, le genealogie e le principali vittorie di alcuni dei grandi cavalli di Federico Tesio, giubba Dormello Olgiata

Dopo Scopas e Manistee (entrambi non “dormelliani”), Apelle (1923) è il terzo in ordine cronologico fra i campioni italiani del subito dopo guerra, vincitore del Derby Italiano del 1926.

 

Donatello (1934) è stato un grande cavallo di mole piuttosto massiccia che restò imbattuto nelle corse fatte in Italia, e fu sconfitto una sola volta nel Gran Prix de Paris, dove arrivò secondo dietro al fuoriclasse francese Clairvoyant, nel 1937.

 

Nearco (1935) è stato uno dei grandi cavalli italiani, forse il più grande, secondo solo a Ribot.

 

Esaminando serenamente la carriera di corse di Bellini (1937), non si troverebbero i motivi per inserirlo in questo elenco di campioni, tanto più che anche se poteva essere ritenuto il migliore della generazione, non si può dire che avesse una decisa superiorità sui coetanei, ma è il padre di Tenerani che poi generò Ribot.

 

Nel nome di Niccolò Dell’Arca (1938) si compendia tutta l’annata 1941, perchè siamo davanti ad un vero campione internazionale, ad un galoppatore come se ne sono visti pochi, ad una “macchina” di vera potenza.

 

Tenerani (1944) non era un bel cavallo, di tipo comune e insignificante aveva una groppa spiovente che non accresceva i già pochi meriti somatici. Inoltre siccome non si impegnava molto in lavoro, non riscuoteva le simpatie di Federico Tesio, che a lui preferiva i coetanei Duccio e Donato di Niccolò…. ma lui è il padre di Ribot.

 

Botticelli (1951) era un bel baio oscuro di taglia atletica che aveva una speciale avversione per il terreno pesante, come dimostrò chiaramente in due occasioni: nel Premio Chiusura a 2 anni e nel Gran Premio di Milano a 4 anni.

 

Ribot (1952) ha vinto tutte le 16 corse disputate in carriera, ha vinto in 3 nazioni, forse il più grande cavallo della storia! Certamente lo è stato sui 2400 metri. Ci sono voluti ben 50 anni per vedere un soggetto che potesse ambire a scalfirlo, ma solo fino a 2000 metri: Frankel.

 

Milano, 10 aprile 2020

Daniele Fortuzzi

Immagini tratte dal libro di Enrico Canti e Alfredo Ferruzza